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Inviato da Claude Beaunis il 10/01/11 – 09:28

Le contraddizioni del XXI° secolo

 

Alcuni analisti ritengono che il nuovo secolo ha introdotto un fenomeno connesso all’ipercivilizzazione, che contrassegna tutte le circostanze della vita delle persone. Tale fenomeno è la velocità.

* La velocità nei progressi scientifici e tecnologici che ci aiutano a comprendere quali sono

le principali minacce che gravano sul pianeta.

* La velocità nelle comunicazioni che favorisce degli scambi molto più accelerati e una

grande varietà nei linguaggi grafici utilizzati per promuovere una comprensione più rapida

del messaggio inviato.

* Tale velocità comporta anche lo sviluppo di nuove generazioni esposte molto precocemente

alle nuove tecnologie di cui si impadroniscono dell’uso più rapidamente di chi è nato nel

secolo scorso.

* I media ci consentono oggi di comprendere dei fatti e dei fenomeni di cui la nostra

generazione ha impiegato diversi a impossessarsi.

* Questa velocità ha anche prolungato la durata media della vita delle persone e, in un certo

numero di paesi, troviamo una popolazione con più esperienza ma meno forza e agilità,

così da sostenere le condizioni fondamentali di base che favoriscono le condizioni per una

vita migliore. Di conseguenza, questi paesi hanno aperto la strada a delle migrazioni

massicce.

 

A fianco di tali condizioni, troviamo altre caratteristiche del secolo, che sono la contraddizione, lo squilibrio e la disuguaglianza.

 

Mentre la cultura scientifica progredisce e si sviluppa, un crescente fossato si crea fra i gruppi di popolazioni che hanno acquisito e utilizzano già precocemente le più avanzate e sofisticate nuove tecnologie, e quelli che non hanno ancora un telefono nelle vicinanze per chiamare un medico.

 

Sappiamo molto di più sul cambiamento climatico, l’inversione termica, ma intanto nel pianeta migliaia di persone subiscono o addirittura scompaiono a causa della desertificazione o di tempeste, come nel Pakistan, o a Veracruz, con l’uragano Karl, o a Oaxaca, in Messico, a causa degli uragani.

Le specie vegetali e animali scompaiono. In numerosi paesi, madri e bambini muoiono di diarrea, di dissenteria, di polmonite.

 

Il deterioramento delle condizioni di vita accelera i conflitti per la sopravvivenza e la lotta per i beni di prima necessità, in precedenza accessibili a tutti, oggi trasformatisi in privilegi, come nel caso dell’acqua potabile.

 

Altre contraddizioni appaiono sul pianeta.

Le lingue sono brandite come simboli della diversità e della flessibilità, mentre numerosi governi adottano atteggiamenti autoritari e lesivi, non esitando a discriminare e a perseguitare per le loro differenze settori della popolazione. Si veda la situazione dei rom e, più in generale, dei nomadi e degli stranieri in Francia, o del popolo guatemalteco che oltrepassa la frontiera messicana per andare verso il sogno americano; dei ‘senza terra’ perseguitati e uccisi in Brasile; l’accerchiamento della popolazione di San Juan Copala in Messico; i Palestinesi espulsi dai loro territori; i Mapuche del Cile che si battono per l’autonomia; gli immigranti messicani in Texas; e molti altri casi nel mondo.

 

Noi continuiamo a constatare come nelle mani di alcuni si accumula l’insieme delle ricchezze, e nello stesso tempo come la povertà si venga radicando in profondità, e le spese militari e i meccanismi di controllo aumentino; e ciò in una società in cui è sempre meno garantita la sicurezza dei propri figli che non possono andare al parco da soli o camminare per strada per andare a comprare qualcosa in un negozio, perché le città sono divenute zone di violenza elevata.

 

Come spiegare il fatto che, in questa società scientifica e informatizzata, ci sono 900 milioni di analfabeti, milioni di bambini che non hanno accesso a una scuola, milioni di bambini e di ragazzi che abbandonano la scuola o accumulano degli insuccessi scolastici, perché i sistemi educativi, i programmi e i testi scolastici non sanno più dialogare con i bisogni delle generazioni attuali?

 

Come spiegare che, nella società dell’informazione, i sistemi scolastici non sono adeguati ai bisogni delle generazioni d’oggi e che le autorità non riconoscono l’importanza dell’educazione e l’urgenza di trasformare i loro sistemi scolastici?

La progressiva privatizzazione della scuola pubblica in parecchi dei nostri paesi mostra come lo stato rinunci sempre più al proprio obbligo di formare le nuove generazioni e riduca via via la percentuale del PIL stanziata per l’educazione.

 

In numerosi paesi, le disuguaglianze raggiungono dei picchi estremi quando si confronta la vita delle famiglie agricole con quelle delle zone urbane. La maggior parte dei contadini senza terra emigra verso le città e le bidonvilles si estendono incessantemente.

In questi spazi il lavoro dignitoso per gli adulti scarseggia, ma c’è molto sfruttamento e lavoro nero per i bambini che si configura come un piccolo contributo a famiglie, che hanno anch’esse sperimentato la distruzione dell’infanzia e la sottomissione alle peggiori umiliazioni.

 

L’egemonia delle grandi potenze dell’America del Nord e dell’Europa cerca di imporre dei modelli, non solo per il controllo dell’economia, ma anche per omogeneizzare la cultura, la produzione e il consumo, in un mondo che privilegia i valori dell’individualismo, del consumismo e della concorrenza. I modelli comunitari e di cooperazione sono calpestati e ignorati, valorizzati in quanto considerati come modi di vita provenienti da un passato che dev’essere superato in quanto non ha più spazio nell’era moderna.

 

La costruzione di risposte

 

Tenendo in conto questa realtà, è chiaro che i governi devono trovare nuove soluzioni. Ci si può anche chiedere se la scuola ha ancora un proprio ruolo da svolgere nella costruzione sociale del senso.

 

Durante la RIDEF di Nantes abbiamo intravisto, attraverso delle azioni concrete e delle riflessioni profonde, alcuni percorsi che possono significare nuovi modi di far fronte alle contraddizioni sociali che stiamo vivendo.

 

A Nantes abbiamo partecipato e siamo stati testimoni della presenza di una associazione cooperativa preoccupata di promuovere l’apprendimento sia nei gesti quotidiani che nell’ambito dei laboratori, delle tavole rotonde, delle escursioni o delle assemblee.

E’ importante precisare che questa associazione, che si è costituita il 20 luglio e si è dissolta il 29, era formata da un gruppo di volontari consapevoli, e di insegnanti impegnati, che si sono riuniti nel corso di un evento particolare chiamato RIDEF, che non è obbligatorio, che non fornisce nessun titolo per migliorare i loro stipendi, che non dà nessun credito e non favorisce né l’individualismo, né il consumismo e il profitto.

 

Questa società di ‘ridefisti’ ha vissuto in uno spazio comunitario e ha istituito nuove forme di relazione e modi di intendere i processi di apprendimento che, forse, non coincidono con quelle che praticano i partecipanti nel proprio paese, nelle loro scuole o nelle loro classi.

Se ciò è possibile durante le RIDEF, come fare in modo che tali pratiche divengano la realtà anche nella nostra vita quotidiana?

 

Questa cooperativa era costituita da un gruppo importante di giovani che hanno deciso di aggregarsi secondo i criteri di questo modo di vita e di intendere l’apprendimento e che hanno trovato delle risposte spesso negate nel mondo globalizzato ed egemonico in cui vivono immersi quotidianamente. Per molti di loro, ciò ha costituito l’esempio di una diversa possibilità di vita al di fuori e al di là della RIDEF.

 

Abbiamo ascoltato delle denunce in merito alla distruzione della scuola pubblica, al controllo dello Stato ai fini di una delegittimazione del ruolo educativo degli insegnanti e della sottomissione ai test nazionali e internazionali nel disprezzo della autentica conoscenza e della valutazione profonda che ciascun insegnante fa dei bambini e dei giovani di cui è responsabile. E’ ammissibile pensare contro questa logica degli Stati. Noi ci siamo incontrati con colleghi che ci hanno mostrato la strada.

Sappiamo che molti di loro andranno al Forum mondiale dell’Educazione, ad incontri sui diritti dei bambini, ai progetti sulle città dei bambini, a pronunciarsi sul II° incontro Latino-americano, alle riunioni democratiche e alle mobilitazioni per i diritti.

 

La lotta per un’educazione critica, il rispetto dei diritti dell’uomo, la tutela dei diritti dei bambini e dei giovani nutre la nostra visione e il nostro impegno nel ritornare alla nostra realtà esigendo da noi un esercizio continuo di coerenza a fronte delle violazioni che constatiamo giorno dopo giorno, con modalità diverse, certe sottili e certe esplicite ed evidenti.

 

Le riflessioni sui diritti dei bambini, la vigilanza contro al xenofobia, ci hanno resi avvertiti circa la necessità di aprire la riflessione critica nella FIMEM alle proposte e agli impegni cel XXI° secolo quali la Carta della terra, le Dichiarazioni globali dell’educazione rivolta a tutti, il Nuovo Pronunciamento latino-americano.

 

La creazione di uno spazio filosofico che permetta di dialogare con altri attori che vivono nella loro vita quotidiana forme di società alternative come quelle che pratichiamo nelle RIDEF, dovrebbe facilitare la riflessione sui modi in cui la nostra Carta possa essere un crogiolo di dialoghi e di nuove forme di negoziazione, perché il mondo è progredito molto, ma ci sono ancora molte problematiche irrisolte.

 

Non possiamo accontentarci dei risultati ottenuti quando nello stesso tempo nei nostri paesi, nelle nostre città, e, purtroppo, spesso anche nelle nostre scuole e nelle nostre aule si vionao i diritti fondamentali di tutti i bambini e i giovani a un’educazione che li rispetti ocme persone, che valorizzi la loro cultura, che riconosca le loro diverse condizioni di vita, di salute, i loro handicap eventuali, la pluralità dei modi di apprendere, i diversi status sociali ed economici, i gusti, gli atteggiamenti, la situazione familiare.

 

E’ necessario uscire da ogni RIDEF ogni volta più convinti della necessità di ripensare al nostro lavoro, per rafforzare le nostre pratiche di cooperazione, analizzando i nostri atteggiamenti, approfondendo gli argomenti a nostra disposizione, così da poter fare di ogni scuola il miglior luogo possibile per lo sviluppo dell’intelligenza, della creatività, delle differenze, della multiculturalità.

 

E’ necessario non solo discutere, ma vivere nella convinzione e nella difesa dei principi ispiratori della Carta della scuola moderna:

 

  • l’educazione come un diritto fondamentale ed essenziale; la nostra responsabilità in tale direzione.

  • L’educazione include dei tentativi, degli sforzi, una partecipazione attiva alla vita sociale e un esercizio costante della democrazia.

  • L’educazione deve raccordarsi alla vita sociale e politica del popolo per avere degli effetti reali sulla vita delle persone.

  • L’educazione implica l’integrazione, l’inclusione sociale, la solidarietà e la cooperazione.

  • L’educazione deve promuovere lo sviluppo di personalità autonome e critiche.

  • L’educazione deve ristrutturare permanentemente i propri modelli pedagogici di riferimento.

 

Per tornare alla nostra realtà quotidiana, è importante chiedersi cosa ci ha lasciato la RIDEF, cosa abbiamo appreso, in che cosa ci ha lasciato un segno, una traccia, di quali pensieri e riflessioni ci siamo arricchiti, quali parole ci hanno stimolato a un cambiamento nei nostri metodi, che cosa di nuovo apportiamo nelle nostre classi, con i nostri colleghi, con le famiglie, nei nostri paesi.

 

E’ attraverso tali riflessioni che saremo in grado di dire che la pedagogia Freinet è davvero una risposta alle nuove sfide del pianeta….

 

Teresita Garduno Rubio.